Il lattosio è uno zucchero presente nel latte e ne costituisce circa il 2-8%. E’ un disaccaride costituito da glucosio e galattosio che è digerito, nell’intestino tenue, dall’enzima lattasi (β-D-galactosidasi) e trasformato in zuccheri semplici che possono essere assorbiti. La principale fonte naturale di lattosio è il latte, e la funzione principale del latte è di essere l'unica fonte di alimento per i mammiferi neonati. Nella maggior parte dei mammiferi la produzione dell’enzima lattasi diminuisce con l’età tanto che il latte non è più consumato – questo è il caso nella maggioranza degli uomini di tutto il mondo, ed è la ragione per la condizione nota come “intolleranza al lattosio”. Se il latte o altro prodotto lattiero-casearii continuano ad essere consumati dopo che la produzione dell’enzima è stato ridotto a livelli insufficienti. il lattosio, che non è assorbito, passa nel colon dove è metabolizzato dai batteri con il processo della fermentazione creando gas – una miscela di diossido di carbonio, idrogeno e metano. E’ questa produzione di gas che causa i sintomi addominali dell’intolleranza al lattosio: crampi addominali, gonfiore e flatulenza, e la presenza del lattosio aumenta anche la pressione osmotica del colon.
Certamente non tutte le persone sono incapaci di digerire il lattosio – il consumo di latte e prodotti lattiero-casearii è molto comune in Europa, specialmente nel Nord ed, infatti, gli Europei nordici possono consumare latte senza problemi, essi sono diventati tolleranti al lattosio. Recenti evidenze suggeriscono che circa 7500 anni fà una mutazione è avvenuta nell’Europa centrale in una zona di allevamento da latte e risulta nella produzione continua dell’enzima lattasi anche negli adulti. È probabile che la mutazione (-13910 C -> T nel gene LCT) sia stata selezionata dalla pressione selettiva perché il latte è un’importante fonte di calcio e vitamina D (soprattutto nelle regioni del nord dove il clima è più freddo e meno soleggiato del sud), come pure le proteine, i carboidrati e i cibi ricchi di grassi che sono disponibili tutto l’anno. Nel corso dei millenni, con la migrazione della popolazione, il fenotipo della “persistenza della lattasi” o “tolleranza al lattosio” si è diffuso ampiamente intorno al Nord Europa e più recentemente nel Nord America, Australia e Nuova Zelanda. La maggioranza della popolazione del mondo non porti la versione della persistenza della lattasi e sono omozigoti CC nella posizione -13910 (questa è nella regione regolatrice del gene, solo una copia dell’allele T è richiesta per la tolleranza al lattosio). Si stima che circa il 75% della popolazione del mondo è CC, ma questa percentuale si riduce drammaticamente, intorno al 5%, nel Nord Europa dove il 95% porta una o due copie della variante T (CT o TT). In Europa c’è un gradiente dal Sud al Nord, con la variante CC presente nel 70-80% della popolazione del sud.
Così, l’intolleranza al lattosio è molto comune in Italia, infatti, la maggior parte della popolazione porta il genotipo CC dell’intolleranza o “non persistenza della lattasi”, anche se il consumo dei prodotti lattiero-casearii è comune ed il lattosio è usato come ingrediente in molti altri alimenti non lattiero-casearii. C’è qualche variabilità nei livelli di lattasi che persiste negli individui CC ed i sintomi variano. La produzione dell’enzima inizia a diminuire dopo i 4-8 anni circa, e comunemente è ridotta a livelli di meno del 5% della produzione massima. Alcuni individui continuano a produrre più lattasi di altri e c’è anche l’evidenza che diversi batteri dell’intestino possano aiutare a digerire il lattosio piuttosto che fermentarlo, questo spiega perché alcuni individui possono tollerare di bere uno o due bicchieri di latte, mentre altri manifestano i sintomi con perfino piccole quantità. Ci sono altri fattori che influenzano la severità dei sintomi come la quantità degli alimenti privi di lattosio consumati contemporaneamente, la velocità del riempimento gastrico ed il tempo di transito nell’intestino tenue. Lo sviluppo dei sintomi dipende anche dal modo del consumo – se piccole quantità di lattosio sono consumate durante il giorno, può essere tollerato, ma se è consumato tutto in pochi minuti, dopo la capacità enzimatica sarà sovra-satura.
Il genotipo CC è la causa genetica e primaria dell’intolleranza al lattosio. Ci sono anche cause secondarie che possono provocare il fenomeno perfino ai portatori della variante T. Malattie o trattamenti che influenzano le cellule che producono la lattasi nell’intestino tenue possono ridurre la quantità della lattasi, creando un’intolleranza secondaria al lattosio. Esempi comprendono gastroenteriti, malattia celiaca (se non controllata), malattia di Crohn o chemioterapie. L’intolleranza al lattosio di solito termina quando il danno all’intestino è riparato ma è importante essere capaci di distinguere tra le cause primarie e secondarie perché le condizioni coinvolte nell’intolleranza al lattosio secondaria sono spesso serie e necessitano di essere diagnosticate.
L’intolleranza al lattosio non è una condizione molto seria (infatti, è la condizione normale nella maggior parte della popolazione del mondo), ma può essere molto spiacevole, se non trattata correttamente e causare conseguenze a lungo termine sulla salute. Gli individui intolleranti al lattosio consumeranno meno prodotti lattiero-casearii ed essi hanno pertanto bisogno, per assicurarsi adeguati livelli di calcio e vitamina D, di altre fonti alimentari per evitare le complicazioni a lungo termine dovute alla riduzione della densità minerale ossea e all'insorgere di osteoporosi per esempio. D'altra parte, mentre i sintomi immediati di ingestione di lattosio sono di breve durata, ci sono alcune evidenze che quando il consumo di lattosio è continuo può avere conseguenze a lungo termine. È possibile che la flora intestinale sia trasformata, che sia forse dannosa, e di recente sono emersi legami con il cancro del colon-retto (Raspinera 2005).
Per varie ragioni, pertanto, è utile sapere “lo status del lattosio" di una persona. Vi è la componente genetica - è il paziente geneticamente tollerante o intollerante al lattosio? Se il paziente è geneticamente tollerante, ma ha sintomi di cattiva digestione per il lattosio allora è probabile che vi sia una causa di fondo più grave dell’intolleranza al lattosio stesso. Se il paziente è geneticamente intollerante, quanto lattosio, se è il caso, può egli/ella davvero consumare senza problemi, e qual è il modo migliore di consumarlo? Per avere una valutazione completa dello stato del lattosio di un paziente, è necessario utilizzare le informazioni complementari in base ai risultati di test genetici, il test del respiro all' H2 ed una valutazione dei sintomi. Solo allora sarà possibile lavorare con il paziente per sviluppare un regime nutrizionale che assicuri un adeguato apporto di calcio e vitamina D, evitando conseguenze a breve e a lungo termine del sovra-consumo di lattosio.
Articoli rilevanti:
Mart Kull, Riina Kallikorm, Margus Lember, Impact of molecularly defined hypolactasia, self-perceived milk intolerance and milk consumption on bone mineral density in a population sample in Northern Europe Scandinavian Journal of Gastroenterology 2009 44:4, 415-421
Shrier I, Szilagyi A, Correa JA., Impact of lactose containing foods and the genetics of lactase on diseases: an analytical review of population data., Nutr Cancer. 2008;60(3):292-300.
P. Eadala, et al., Quantifying the 'Hidden' Lactose in Drugs Used for the Treatment of Gastrointestinal Conditions Medscape Cardiology, Posted: 07/01/2009; Alimentary Pharmacology & Therapeutics. 2009;29(6):677-687.